Qualità di socio
L’associazione è un’unione di persone. La qualità di socio è il rapporto giuridico tra il socio e l’associazione. A seconda di quanto previsto dallo statuto, si diventa soci attraverso una deliberazione di ammissione presa dall'assemblea dei soci o dalla direzione.
I soci hanno diritti e doveri. I diritti comprendono ad es. il diritto di partecipazione, di voto e di elettorato. Gli obblighi comprendono ad es. l’obbligo di lealtà e di contribuzione.
Ulteriori informazioni su importanti aspetti di questo sottotema sono disponibili più avanti in questa pagina.
Lo statuto stabilisce chi è ammesso nell’associazione e le modalità di adesione. Secondo quanto previsto dallo statuto, la domanda di adesione va presentata all’assemblea dei soci o alla direzione che decide in merito. Se lo statuto non prevede altrimenti, l’ammissione dei soci è di competenza dell’assemblea dei soci. Le associazioni possono decidere a loro discrezione chi ammettere come soci. Esistono tuttavia eccezioni: le associazioni che hanno una posizione dominante sul mercato devono avere soci idonei allo scopo (ad es. le associazioni professionali).
Con dimissioni si intende lo scioglimento dell'adesione, ossia l'uscita dall'associazione. Il termine di preavviso non può essere superiore a sei mesi.
Domanda
Un membro della direzione della nostra associazione ha dato le dimissioni, poiché si trasferisce in un'altra regione. Il suo mandato quadriennale scade però solo tra più di un anno e mezzo. La persona interessata può lo stesso dare le dimissioni? Possiamo eventualmente designare una nuova persona fino alla prossima assemblea dei soci, per mantenere operativa la direzione?
La risposta
Capita abbastanza spesso che un membro della direzione non possa o non voglia portare a termine il mandato. Il diritto di dimettersi è riconosciuto anche ai membri della direzione. Se le dimissioni sono per la fine dell'anno dell'associazione, le elezioni suppletive di solito hanno luogo durante la successiva assemblea dei soci.
Se un membro della direzione si dimette nel corso dell'anno e la sua uscita non causa troppi problemi, si può attendere fino alla successiva assemblea dei soci. Se viceversa, per proseguire l'attività, la direzione ha assolutamente bisogno di un sostituto, è sicuramente un vantaggio se lo statuto prevede la cosiddetta cooptazione, ossia la possibilità per la direzione di designare di propria iniziativa il sostituto o la sostituta. Il relativo articolo reciterà ad es.: «I posti vacanti venutisi a creare nel corso dell'esercizio possono essere occupati da persone scelte dalla direzione, fino alla conferma da parte dell'assemblea dei soci». Se lo statuto sociale non prevede questa possibilità, la direzione può organizzare le elezioni nell'ambito di un'assemblea dei soci straordinaria. In alternativa deve verificare la possibilità di cavarsela senza sostituzioni. Comunque sia, il membro della direzione dimissionario deve provvedere al passaggio accurato delle consegne.
Prima di un’eventuale esclusione dall’associazione, il socio interessato ha il diritto di essere sentito, ossia ha la possibilità di esprimersi. Il diritto di essere sentito deve essere accordato anche nel caso di altre sanzioni, ad es. quando è comminata una pena disciplinare.
Lo statuto definisce le modalità di entrata, ossia a chi bisogna presentare la domanda di ammissione e quali premesse occorre soddisfare per diventare socio.
I soci possono venir esclusi dall’associazione. Lo statuto può stabilirne i motivi o anche prevedere l’esclusione senza motivo. In quest’ultimo caso, un’azione contro l’esclusione è possibile solo per un vizio di forma. Se lo statuto non prevede altrimenti, l'esclusione è possibile solo per motivi gravi. È considerato motivo grave agire contro gli interessi dell’associazione o in maniera da arrecarle pregiudizio. Prima dell’espulsione il socio deve essere sentito (diritto di essere sentito).
Esistono diversi modi per porre fine alla condizione di socio (all’adesione): nel rispetto di un termine di disdetta (stabilito dallo statuto o dalla legge), un socio può dichiarare la sua intenzione di uscire dall’associazione, oppure può venirne escluso. La condizione di socio finisce automaticamente con il decesso del socio o con lo scioglimento dell’associazione. La condizione di socio è legata alla persona e non è ereditabile.
Domanda
Le persone alle dipendenze di un'associazione sono automaticamente anche membri dell'associazione?
La risposta
Siccome per l'adesione a un'associazione è in linea di massima necessario il consenso delle persone interessate, l'ammissione automatica dei dipendenti dell'associazione non è possibile.
Tutte le persone aderenti a un'associazione hanno gli stessi diritti e doveri. Se i dipendenti sono al contempo membri dell'associazione, hanno lo stesso diritto di voto e di elezione degli altri soci e devono versare il contributo annuo stabilito (a meno che lo statuto non preveda altrimenti). Può essere problematico se i dipendenti costituiscono la maggioranza in un'associazione con pochi membri, poiché l'assemblea dei soci è l'organo supremo dell'associazione. In questo caso i dipendenti potrebbero in definitiva decidere per l'associazione, che è però al contempo anche il loro datore di lavoro.
L’adesione all’associazione è un negozio giuridico, su cui si fondano i diritti e i doveri dei soci.
Domanda
Da quando un'adesione all'associazione è valida a tutti gli effetti? Dall'inoltro della domanda d'iscrizione? Da quando è stata versata la quota sociale? Da quando la direzione ha espresso il proprio consenso?
La risposta
Normalmente l'ammissione dei soci è regolata dallo statuto. Altrimenti è di competenza dell'assemblea dei soci. L'ammissione di nuovi soci va in seguito inserita nell'ordine del giorno dell'assemblea dei soci per essere votata.
È tuttavia anche consentito che sia la direzione a decidere in merito all'ammissione di nuovi soci. Se l'associazione desidera trasferire queste competenze alla direzione, la questione deve essere regolata nello statuto.
In linea di principio l'adesione è valida dal momento dell'ammissione da parte dell'assemblea dei soci o della direzione.
Nello statuto o nel regolamento possono però essere formulati ulteriori dettagli, come ad esempio che l'adesione è valida dal momento del versamento della quota sociale, oppure che inizia o termina con l'anno scolastico o l'anno civile.
Per ogni associazione è importante poter sempre distinguere tra soci e non soci.
Presentando un ricorso, un socio può ad es. contestare una sua esclusione. Se la decisione è stata presa dalla direzione, il ricorso va all'assemblea dei soci. È possibile rivolgersi al tribunale solo quando si sono esaurite tutte le possibilità interne.
Domanda
Un socio onorario desidera uscire dall'associazione, perché ha altri interessi. Al momento del passaggio di poteri, la persona che mi ha preceduto nella carica mi ha detto che un socio onorario non può uscire dall'associazione. È davvero così?
La risposta
Uscire da un'associazione è sempre possibile, dipendentemente dalla tipologia di socio. Il diritto di dimettersi è inalienabile e rientra nei diritti della persona. Conformemente all'art. 70 cpv. 2 CC il termine di disdetta è di sei mesi. Una disposizione dello statuto può accorciare, ma non prolungare questo termine. Non è necessario indicare i motivi di una dimissione entro il termine stabilito. Il socio onorario può pertanto tranquillamente dimettersi dall'associazione.
L'opinione contraria è probabilmente dovuta al fatto che la concessione della qualifica di socio onorario intende essere un riconoscimento a vita.
L’adesione a un’associazione è strettamente legata alla persona del socio. Finisce con il decesso di quest’ultimo, a meno che lo statuto non preveda una successione da parte degli eredi.
L’associazione è un’unione di persone. Lo status di socio è il rapporto giuridico tra il socio e l’associazione. A seconda dello statuto, si diventa soci attraverso la decisione di ammissione presa dall'assemblea dei soci o dalla direzione. I soci hanno diritti e doveri. Possono uscire dall’associazione, nel rispetto del termine di preavviso previsto nello statuto. Se lo statuto non prevede un termine di preavviso, per legge si applica un termine di sei mesi per la fine dell’anno di esercizio o dell’anno civile.
Il socio deve poter uscire dall’associazione in ogni momento, rispettando il termine di preavviso stabilito dalla legge o dallo statuto. Il termine di preavviso non può essere superiore a sei mesi. Per motivi gravi (quando la permanenza del socio nell’associazione è impossibile) il socio può uscire immediatamente. Il mancato pagamento del contributo sociale non comporta automaticamente l’uscita dall’associazione o la fine della condizione di socio (adesione). Per questo è necessaria una disdetta o una dichiarazione di uscita, oppure la relativa base statutaria.
Domanda
Un'associazione è autorizzata a non prelevare le quote sociali?
La risposta
Sì, un'associazione non deve necessariamente prelevare le quote sociali. Conformemente all'art. 71 CC, l'associazione può richiedere le quote sociali solo se espressamente previste nello statuto. Lo statuto può stabilire un importo minimo o massimo da versare, oppure una fascia di oscillazione. Da quando la responsabilità dei soci è stata esclusa per legge, non è più necessario definire un importo preciso nello statuto.
La fissazione di un importo fisso nello statuto non è raccomandabile, altrimenti per ogni cambiamento è necessaria un modifica dello statuto.
Domanda
La nostra associazione comprende diverse categorie di soci (singole persone, famiglie, società, ditte). Qual è la situazione riguardo al numero di voti? Tutte le categorie hanno in linea di massima un voto?
La risposta
Al riguardo è determinante lo statuto dell'associazione, a condizione che non sia in contraddizione con la legge. Il Codice civile regola solo alcuni dettagli nell'articolo 67 CC.
1. Tutti i soci hanno egual diritto di voto nell’assemblea. Le deroghe a questo principio devono essere definite nello statuto.
2. Le risoluzioni sociali sono prese a maggioranza dei voti dei soci presenti.
In linea di principio vale quanto segue: le persone fisiche e giuridiche (ad es. le associazioni) hanno diritto a un voto ciascuna, ossia ogni socio ha un voto. Lo statuto può richiedere la rappresentanza di una persona designata (principio di delega).
I benefattori/le benefattrici di regola non hanno diritto di voto. Nel caso delle famiglie, occorre distinguere se l'intera famiglia aderisce come socio singolo oppure versando una quota ridotta, ma superiore a quella di un'adesione individuale. Nel primo caso, ha diritto di voto solo un membro della famiglia, nel secondo caso tutti i suoi membri maggiorenni presenti. Le relative disposizioni dovrebbero essere fissate nello statuto. Esempio: una famiglia versa la stessa quota sociale di un singolo socio oppure una quota maggiore (ad es. il doppio). In entrambi i casi i membri della famiglia sono soci a tutti gli effetti dell'associazione e possono fruire dei suoi servizi.
I contributi sociali servono alla copertura delle uscite dell’associazione. Sono parte delle finanze dell’associazione. Il versamento di contributi sociali deve essere previsto nello statuto. L'importo del contributo può essere stabilito dall'assemblea dei soci. Se del caso, lo statuto indica solo un importo massimo e la direzione ha facoltà di stabilire il contributo effettivo in base alle necessità. Questa procedura funziona molto bene soprattutto nelle grandi associazioni.
Alcune categorie di soci possono essere esentate dal pagamento dei contributi sociali, se questa possibilità è disciplinata nello statuto. Ad es. i membri della direzione o i soci onorari possono essere esentati dall'obbligo di versare i contributi.
Domanda
Nella nostra associazione le persone in formazione non versano la quota sociale. Hanno lo stesso diritto di voto?
La risposta
Siccome il principio della parità di trattamento vale per tutti i soci, anche le persone esonerate dal pagamento della quota sociale hanno pieno diritto di voto ed elezione. In realtà la parità di trattamento riguarderebbe anche la quota sociale. È tuttavia possibile prevedere nello statuto delle differenze giustificate da motivi oggettivi.
Domanda
La settimana prossima si tiene la nostra assemblea dei soci. La mozione di un socio ci è giunta dopo il termine fissato dallo statuto. Il socio propone di mantenere invariata la quota sociale. La direzione propone invece di aumentarla. Dobbiamo mettere all'ordine del giorno la mozione del socio?
La risposta
Siccome l'oggetto «Quota sociale» è già all'ordine del giorno, la mozione inoltrata concerne un punto in agenda. Il termine ultimo per l'iscrizione di una mozione all'ordine del giorno riguarda solo i nuovi oggetti da trattare.
La mozione del vostro socio deve pertanto essere presentata e messa in votazione. Un socio deve inoltre avere la possibilità di presentare una mozione (concernente un punto all'ordine del giorno) anche durante l'assemblea stessa. Solo questa procedura rende possibile una discussione democratica che permetta di pervenire a una decisione.
Se lo statuto prevede dei contributi sociali – come è generalmente il caso – i soci sono tenuti a versarli. Se non sono menzionati nello statuto, non è possibile prelevare contributi sociali.
Domanda
Da quando un'adesione all'associazione è valida a tutti gli effetti? Dall'inoltro della domanda d'iscrizione? Da quando è stata versata la quota sociale? Da quando la direzione ha espresso il proprio consenso?
La risposta
Normalmente l'ammissione dei soci è regolata dallo statuto. Altrimenti è di competenza dell'assemblea dei soci. L'ammissione di nuovi soci va in seguito inserita nell'ordine del giorno dell'assemblea dei soci per essere votata.
È tuttavia anche consentito che sia la direzione a decidere in merito all'ammissione di nuovi soci. Se l'associazione desidera trasferire queste competenze alla direzione, la questione deve essere regolata nello statuto.
In linea di principio l'adesione è valida dal momento dell'ammissione da parte dell'assemblea dei soci o della direzione.
Nello statuto o nel regolamento possono però essere formulati ulteriori dettagli, come ad esempio che l'adesione è valida dal momento del versamento della quota sociale, oppure che inizia o termina con l'anno scolastico o l'anno civile.
Per ogni associazione è importante poter sempre distinguere tra soci e non soci.
Domanda
La nostra direzione lavora molto, senza ricevere nessuna indennità. Ai singoli membri della direzione possiamo almeno condonare la quota sociale annua?
La risposta
In linea di principio tutti i membri dell'associazione hanno gli stessi diritti e doveri. E ciò vale anche per il versamento annuale della quota sociale. Si può fare un'eccezione solo se lo statuto prevede una disposizione di questo genere. Ad esempio: «La direzione e i soci onorari sono esonerati dall'obbligo di versare la quota sociale».
Domanda
La quota sociale annuale deve essere messa all'ordine del giorno dell'assemblea dei soci, anche se rimane uguale tutti gli anni?
La risposta
Di regola l'importo della quota sociale è stabilito dall'assemblea dei soci. Se tale importo è definito nello statuto, può essere aumentato o diminuito solo mediante una modifica dello statuto. In questo caso la questione può essere sollevata solo con una corrispondente proposta della direzione o di un socio nell'ordine del giorno.
Se l'importo della quota sociale non è definito nello statuto, la sua definizione rientra nell'attività ordinaria dell'assemblea dei soci. In questo caso è opportuno inserire ogni anno nell'ordine del giorno il punto «quota sociale». La direzione potrà ad esempio chiedere di mantenere l'importo invariato. A loro volta i soci potranno presentare una controproposta.
Un socio libero è esonerato dal versamento del contributo sociale, ad es. perché ha fatto (o fa) già molto per l’associazione, o perché per l’associazione è un onore annoverarlo tra i propri soci.
Le persone o le organizzazioni che hanno particolarmente a cuore lo scopo dell’associazione possono sostenerla, versando un contributo superiore al contributo sociale o devolvendole regolarmente somme di denaro.
Domanda
La nostra associazione comprende diverse categorie di soci (singole persone, famiglie, società, ditte). Qual è la situazione riguardo al numero di voti? Tutte le categorie hanno in linea di massima un voto?
La risposta
Al riguardo è determinante lo statuto dell'associazione, a condizione che non sia in contraddizione con la legge. Il Codice civile regola solo alcuni dettagli nell'articolo 67 CC.
1. Tutti i soci hanno egual diritto di voto nell’assemblea. Le deroghe a questo principio devono essere definite nello statuto.
2. Le risoluzioni sociali sono prese a maggioranza dei voti dei soci presenti.
In linea di principio vale quanto segue: le persone fisiche e giuridiche (ad es. le associazioni) hanno diritto a un voto ciascuna, ossia ogni socio ha un voto. Lo statuto può richiedere la rappresentanza di una persona designata (principio di delega).
I benefattori/le benefattrici di regola non hanno diritto di voto. Nel caso delle famiglie, occorre distinguere se l'intera famiglia aderisce come socio singolo oppure versando una quota ridotta, ma superiore a quella di un'adesione individuale. Nel primo caso, ha diritto di voto solo un membro della famiglia, nel secondo caso tutti i suoi membri maggiorenni presenti. Le relative disposizioni dovrebbero essere fissate nello statuto. Esempio: una famiglia versa la stessa quota sociale di un singolo socio oppure una quota maggiore (ad es. il doppio). In entrambi i casi i membri della famiglia sono soci a tutti gli effetti dell'associazione e possono fruire dei suoi servizi.
Tutti i soci presenti all’assemblea hanno diritto di voto, a meno che lo statuto non preveda un diritto limitato o addirittura nessun diritto di voto per determinate categorie. I votanti si esprimono con un «sì» o un «no» – oppure con un’astensione – in merito agli oggetti messi in votazione. Il diritto di voto è un diritto importante dei soci, con il quale ognuno di loro può influenzare la storia dell’associazione. Un socio non può votare e deve astenersi, solo quando la decisione concerne direttamente lui stesso o un suo parente prossimo in linea ascendente o discendente (nonni, genitori, figli, nipoti).
L’elettorato è un diritto fondamentale dei soci. L’elezione dei membri della direzione permette di influire sulla gestione dell’associazione. Il diritto di elettorato attivo è il diritto di partecipare alle elezioni, esprimendo il proprio voto. Il diritto di elettorato passivo è il diritto di candidarsi e di essere eletto (eleggibilità).
Domanda
Nella nostra associazione le persone in formazione non versano la quota sociale. Hanno lo stesso diritto di voto?
La risposta
Siccome il principio della parità di trattamento vale per tutti i soci, anche le persone esonerate dal pagamento della quota sociale hanno pieno diritto di voto ed elezione. In realtà la parità di trattamento riguarderebbe anche la quota sociale. È tuttavia possibile prevedere nello statuto delle differenze giustificate da motivi oggettivi.
In linea di massima, nelle votazioni e nelle nomine si distingue tra maggioranza assoluta, maggioranza relativa (o semplice) e maggioranza qualificata. Questi termini non sono tuttavia usati in un’accezione standard. Lo statuto dell’associazione stabilisce il tipo di maggioranza applicato e le basi di calcolo per determinarla. In mancanza di disposizioni statutarie, di norma vale la maggioranza assoluta, ossia la maggioranza dei voti dei soci presenti (ad esempio 21 se gli aventi diritto al voto presenti sono 40). A questo scopo vanno contati tutti i voti, ossia anche quelli non validi e le astensioni. La maggioranza assoluta può però essere calcolata sulla base dei voti validi espressi. Una proposta è accettata con la maggioranza relativa (o semplice), se nella votazione i «sì» superano i «no». Le astensioni non contano. La maggioranza qualificata è prevista per questioni di particolare importanza (ad es. la modifica dello statuto) e richiede un consenso maggiore rispetto alla semplice maggioranza, ad es. i due terzi o i tre quarti dei volti validi. Per votazioni molto importanti o per le decisioni prese mediante circolazione degli atti, lo statuto può anche prevedere l’unanimità. Anche in questo caso è opportuno stabilire se è necessaria l’unanimità dei soci presenti o di tutti i soci (riunione di tutti i soci). Occorre altresì definire nello statuto la procedura in caso di parità di voti. In questo caso il voto del/della presidente è spesso il voto preponderante. Altrimenti la proposta è respinta, poiché non ha ottenuto la maggioranza.
Tutti i soci devono godere dello stesso trattamento, tranne quando lo statuto prevede delle differenze (categorie di soci).
In linea di massima vale il principio di uguaglianza: un voto a testa. Sono tuttavia possibili deroghe: se è ammesso il voto preponderante, la presidenza ha due voti. Altre deroghe devono essere ben motivate e previste dallo statuto (ad es. due voti per famiglia).
La supplenza (o rappresentanza) è la delega a terzi dell’agire legalmente vincolante. Se lo statuto lo permette, un socio può designare un supplente che lo rappresenti all’interno dell’assemblea. La direzione può emanare le regole per la rappresentanza dei membri della direzione. Per quanto concerne il diritto di voto durante le sedute, vale tuttavia la regola che possono votare solo i presenti. È importante prevedere dei sostituti anche nell’ambito della ripartizione dei compiti in tutte le mansioni della direzione, affinché quest’ultima possa svolgere integralmente il suo lavoro anche in caso di una prolungata assenza di un membro. La direzione agisce come organo dell’associazione e le sue decisioni sono vincolanti. La direzione è competente per la gestione delle attività ed è autorizzata a delegarla, trasferendola ad esempio ad un ufficio. Tale ufficio agisce per l’associazione, a nome e per conto della direzione. Le sue decisioni sono vincolanti per l'associazione, come quelle della direzione. L’ufficio è pertanto responsabile delle sue azioni. In linea di massima, ciascun membro della direzione è autorizzato a rappresentare l’associazione verso l'esterno e ad assumere impegni per conto della stessa. Altrimenti l’associazione deve iscriversi nel Registro di commercio e regolare in quella sede il diritto di rappresentanza.
Una testa, un voto è uno dei principi fondamentali del carattere personale dell’associazione. Tutti i soci hanno lo stesso diritto di voto. Lo statuto può tuttavia prevedere deroghe a questa regola.
La partecipazione alle votazioni è un diritto fondamentale dei soci. Presuppone anche il diritto ad essere convocati per tempo all’assemblea dei soci. Le questioni di merito sono evase all'interno dell'assemblea con una votazione. Il voto dei presenti è segreto o palese. Lo statuto può anche prevedere una clausola che permette, ad es. ai soci che abitano all'estero e non possono viaggiare, di votare per corrispondenza o di farsi rappresentare.
Una votazione consultiva serve a chiarire l’opportunità di portare avanti un determinato progetto. Non è giuridicamente vincolante e non può essere contestata.
Durante l’assemblea dei soci il voto può essere espresso in maniera palese, mediante alzata di mano, oppure segreta, mediante una scheda deposta nell’urna.
Se lo statuto prevede il voto elettronico e se tutti i soci dispongono dell’attrezzatura informatica, le decisioni possono essere prese anche in questo modo.
Il voto per corrispondenza non è espresso durante l’assemblea dei soci, ma mediante scheda inviata per posta. Il voto per corrispondenza entra in considerazione solo per questioni di particolare importanza ed è ammesso solo se previsto nello statuto. Decide la maggioranza dei voti. È invece leggermente diversa la votazione per iscritto o «annuenza scritta» secondo il Codice civile svizzero (CC), articolo 66, capoverso 2: in questo caso, affinché la decisione sia valida è necessaria l’approvazione di tutti i soci, ossia l’unanimità. Anche questa votazione può sostituire l’assemblea dei soci.
In caso di parità di voto, la presidenza ha voto preponderante, a condizione però che ciò sia previsto dallo statuto o che corrisponda al diritto consuetudinario dell’associazione.
Nel caso di temi all'ordine del giorno particolarmente delicati, l'assemblea dei soci può optare per il voto segreto. Questa procedura può essere prevista dallo statuto o richiesta mediante una mozione d’ordine. In questo caso i soci non votano per alzata di mano, ma in maniera anonima compilando le schede di voto.
È la capacità di agire ragionevolmente. Non dipende dall’età, ma va sempre verificata in relazione a una situazione concreta.
Per aderire a un’associazione non c’è un’età minima prescritta. I minorenni (al di sotto dei 18 anni) capaci di discernimento possono diventare soci senza l’autorizzazione dei genitori. Se l’adesione ha conseguenze finanziarie superiori alle possibilità di un/una giovane, le persone minorenni hanno invece bisogno del consenso dei genitori. Se una persona minorenne è eletta a una carica all'interno della direzione, è necessaria l'autorizzazione del rappresentante legale, poiché si tratta di una carica con una particolare responsabilità, che può avere anche conseguenze sul piano della responsabilità civile.
La libertà di associazione vale anche per le persone straniere, che possono aderire alle associazioni o fondarle. Le associazioni rappresentano una buona possibilità di integrazione.